In questa battaglia culturale, economica e sociale, il ruolo dei media assume un nuovo rilievo. Non soltanto racconto e interpretazione della realtà nelle sue molteplici sfaccettature, ma anche “motore culturale” per la costruzione di una nuova consapevolezza degli italiani. “Qui è quel Raffaello da cui, fin che visse, Madre Natura temette di essere superata da lui e quando morì temette di morire con lui” si legge sulla tomba di Raffaello. Cinquecento anni dopo, possiamo provare a riprendere il suo cammino.
I protagonisti del Rinascimento non si sentivano prigionieri del loro tempo. Non applicavano la logica del “qui e ora”, non conoscevano i vincoli del consenso quotidiano. Progettavano le loro opere immaginando di proiettarle nel futuro ignoto, più che cercando di ancorarle alle certezze del presente.
È esattamente questo lo spirito di cui ha bisogno oggi il nostro Paese. Perché, al contrario, evocare il Rinascimento soltanto come un fenomeno straordinario e irripetibile, come un passato di cui esser fieri nella consapevolezza che rimarrà Storia, vuol dire condannare l’Italia alla “sindrome di Petra”. Unica, incantevole, sepolta nella sabbia dei secoli.
Ne siamo fortemente convinti: il Rinascimento può uscire dalla sua dimensione temporale, recuperando lo spirito di Leonardo, di Raffaello e di Michelangelo, per diventare oggi il modello strategico di pensiero e di azione della ripartenza italiana. Il Rinascimento può diventare il nostro orizzonte di riferimento: la destinazione di un viaggio sfidante nel quale coinvolgere le energie migliori del nostro Paese, partendo proprio da Firenze e da quel modello delle botteghe rinasci- mentali in cui nacque la straordinaria capacità di innovazione di prodotto che caratterizza la manifattura italiana.
“Generare Rinascimento” è dunque la prospettiva concreta su cui dobbiamo iniziare a misurare l’intera classe dirigente italiana: non solo le istituzioni e la politica, ma anche le imprese private e pubbliche, il mondo dell’accademia e i media. Perché dopo la tragedia umana, economica e sociale del Covid-19, e soprattutto dopo vent’anni di crescita troppo bassa e di gravi deficit di competitività accumulati dall’Italia rispetto al mondo avanzato, la generazione oggi al potere ha sulle spalle una responsabilità particolarissima: restituire alla produzione la centralità che merita nell’economia e nella società italiana, ricostruire il valore del lavoro rispetto alle sirene dell’assistenzialismo, riatti- vare l’ascensore sociale e la cultura del merito nella società italiana. E per questa strada, sviluppare in concreto un “Nuovo Umanesimo” che restituisca agli italiani fiducia nel futuro e consenta di riposizionare l’Italia nella divisione globale delle produzioni e delle competenze con la forza del nostro to be different per capacità imprenditoriale e di innovazione, per qualità e bellezza delle nostre produzioni, per attrattività dei nostri territori e del nostro patrimonio artistico.